Rudy Cremonini Enrico Pitzianti
YIA
Opening: giovedì 9 febbraio 2012, ore 19.00
da venerdì 10 febbraio al 14 aprile 2012.
La galleria Glenda Cinquegrana: the Studio è lieta di presentare la doppia personale di Rudy Cremonini ed Enrico Pitzianti, nella loro prima esposizione milanese. La sigla che costituisce il titolo della mostra, che sta per Young Italian Artists, allude all’apertura di un ciclo espositivo della galleria dedicato all’arte italiana under 30, in quelle che sono le sue manifestazioni più significative ed interessanti.
I due giovani artisti, che pure lavorano su media diversi, rappresentati rispettivamente dalla pittura e il collage, sono accomunati da una ricerca che si caratterizza per un voluto ermetismo comunicativo. Come nella celebre lirica di Montale Non chiederci parola, l’identità delle pratiche artistiche passa attraverso la negazione: per Cremonini è una condizione dell’esistere; per Pitzianti, che lavora intervenendo all’interno degli schemi del linguaggio figurativo del collage, questa si realizza sul piano dell’aspetto comunicativo dell’immagine. Come diceva Montale, codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Le opere pittoriche del bolognese Rudy Cremonini si caratterizzano per una dimensione di sospensione nello spazio e nel tempo: le sue tele, realizzate secondo una profondissima monocromia di ascendenza morandiana, trovano i propri soggetti in elementi visivi prelevati da una dimensione di archetipica lontananza nello spazio e nel tempo. La poetica di Cremonini mette in atto una vera e propria archeologia dello sguardo [L. Meneghelli], simile a quella di artisti come Christian Boltanski e Gerard Richter. Le immagini hanno un carattere indefinito e indefinibile che è tipico dei ricordi, quando questi emergono sulla superficie della memoria.
In mostra troviamo un susseguirsi di bonsai, uccelli in gabbia, bambini, manufatti da museo, oggetti ambigui che racchiudono il fascino dell’intrusivo e dell’enigmatico. Al centro della ricerca di Cremonini si trova la ricorrente metafora della castrazione, intesa come conflitto perenne e irrisolto fra libertà e necessità. La pittura recita il canto del cigno della morte delle illusioni, e dell’impossibilità per l’individuo di svilupparsi seguendo lo slancio propulsivo della volontà. I dipinti di Cremonini raccontano la condizione ambigua che è propria dell’essere che non riesce ad essere.
In un modo completamente differente, anche Enrico Pitzianti, parla di negazione. Sardo ma bolognese di adozione, Enrico eredita le sue modalità espressive dalla grafica, ma cambiandone il segno. L’artista lavora tramite la raccolta di materiale figurativo prelevato dal passato: i suoi collage si compongono di frammenti di immagini di pubblicità, di fotografie degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, combinate in modo da costruire scenari visivi nuovi. Eppure a differenza di quanto accade nella grafica, nel suo lavoro viene meno la reale volontà di comunicare messaggi: le sue opere, prevalentemente di piccolo formato, quasi come piccoli haiku visivi, restano composizioni volutamente criptiche e oscure.
Enrico da alcuni anni è parte di un collettivo internazionale di artisti, sparsi fra Germania Francia e Italia, interessati alla sperimentazione nella pratica del collage, i cui membri, riuniti nella pubblicazione in una rivista mensile intitolata Mèkanik Copulaire, reinterpretano la lezione classica del collage degli Anni Venti, fra Surrealismo francese ed Espressionismo tedesco. Il lavoro di Pitzianti, il più equilibrato sotto il profilo formale, tende alla distorsione dei significati in modo talvolta sottilmente ironico, talvolta spiazzante.
La mostra raccoglie le opere tratte dalla serie Green Folder, Bees made honey in the Lions Skull, Rural Zone in a Party boy viscere, Alofness is happiness, e Secondo Specchio. Quest’ultima serie, ispirata alla teoria della relatività fisica, si caratterizza per ricorrente figura della porta, simbolo della comunicazione interrotta.