Bruno Marrapodi
This is Where I Live
Back to Future
Joseph Beuys, Vincenzo Castella, Giuseppe Chiari, Chantal Joffe, David Goldenberg, Guido Guidi, Bruno Marrapodi, Pierpaolo Mittica.
Opening: martedì 16 luglio alle ore 19.00.
Dal mercoledì 17 luglio al 24 settembre 2013.
La galleria sarà chiusa dal 26 luglio al 2 settembre 2013.
La galleria Glenda Cinquegrana: the Studio è lieta di presentare una doppia mostra: la mini-personale del giovane pittore italiano Bruno Marrapodi intitolata This is Where I Live al primo piano, e la collettiva intitolata Back to Future al piano della galleria, ovvero una mostra con Joseph Beuys, Vincenzo Castella, Giuseppe Chiari, Chantal Joffe, David Goldenberg, Guido Guidi, Bruno Marrapodi e Pierpaolo Mittica, in cui il confronto fra artisti di diverse generazioni si gioca sul piano della sperimentazione di forti affinità tematiche.
Al primo piano si trova la mostra personale comprendente quattro lavori recenti del giovane pittore milanese Bruno Marrapodi intitolata This is Where I Live. Il titolo è ispirato dall’atteggiamento che i soggetti delle opere pittoriche instaurano con lo spettatore, siano essi uomini o animali, dove This is Where I Live rispecchia il loro intimo disvelarsi: sotto lo sguardo indagatore dell’altro, il soggetto, risponde con un atteggiamento incerto, ambiguo a cavallo fra il nascondersi il raccontarsi. This is Where I Live è l’ambigua affermazione di sé che i soggetti mettono in atto, dinanzi agli occhi dello spettatore.
Al piano della galleria invece, Back to Future presenta una selezione di artisti di diverse generazioni a confronto all’interno di tematiche affini. Nel lavoro di Guido Guidi, Vincenzo Castella e in quello di Pierpaolo Mittica si intrecciano tre diverse visioni di sperimentazione sul tema del paesaggio. Mentre nel lavoro di Guidi si sentono gli echi di una ricerca documentaria che risale al Viaggio in Italia di Ghirri, in cui la fotografia è ordinario strumento di conoscenza, nella visione di Mittica si trova la stessa ispirazione umanistica alla documentazione, ma a fini di denuncia. Al colore acquerellato delle immagini di Guidi e alla visione panica della natura, Mittica sostituisce uno sguardo lirico, che si concreta nell’utilizzo di un bianco e nero saturo e denso. Per Castella, invece, l’idea della fotografia come strumento di conoscenza è superata in favore di una visione antropologica del paesaggio, che va alla ricerca di inediti punti di vista. Per Castella lungi dalla scelta di una visione di insieme, per citare un testo critico di Massimiliano Gioni, si tratta di lavorare sul dettaglio infinitesimale per dare vita ad una serie infinita di microvariazioni.
In dialogo, poiché le sole pittoriche, sono le opere di Bruno Marrapodi e di Chantal Joffe. Entrambi accomunati da uno sguardo pieno di humor sulla realtà, la Joffe, impiega sia nelle immagini di piccole dimensioni che nelle grandi una pennellata che è dotata di grande fluidità che, mista all’approccio straniante nella rappresentazione, crea ritratti che seducono e disarmano. Nella pittura di Bruno Marrapodi la stessa idea di straniamento è collocata all’interno di una figurazione poetica. A partire dalla tecnica, che mischia media diversi, l’artista sovrappone la realtà alla figurazione infantile, e rivela l’ambiguità e la minaccia tanto più si accosta al gioco.
All’interno di una stessa linea che è concettuale, performativa e utopica sono le opere di Joseph Beuys, David Goldenberg e Giuseppe Chiari. Nell’opera del primo, tratta dalla serie intitolata Passaporto per il Futuro, l’artista tedesco fa riferimento ad un’economia sostenibile quale passaporto per il futuro dell’uomo; Goldenberg nel lavoro più recente fa riferimento ad una crisi di linguaggio che è risolta all’interno di una visione utopica dell’arte che è la Post Autonomy. Solo all’interno di un nuovo scenario il dialogo fra culture costituisce lo strumento per rinnovar il sistema dell’arte dalle radici. In comune con questo lavoro di Goldenberg, è l’opera di Chiari, la cui matrice Fluxus con quest’ultimo trova in comune l’uso della performance quale strumento attivo di produzione artistica, unita all’improvvisazione. Chiari, sostenitore dell’interazione tra musica, linguaggio, gesto e immagine, ha elaborato azioni che si ricollegano alle esperienze neodadaiste e concettuali: ha composto “musica d’azione” che offre lo spunto per gesti che trovano proprio nella casualità e nell’improvvisazione la costante essenza della ricerca. Dalle prime partiture degli anni Settanta, dai collages a soluzioni pittorico-gestuali elaborate con segni, scritte e timbrature su pentagrammi, spartiti, fotografie, il lavoro trova negli anni Ottanta piena maturazione. Appartenente a questo periodo un’opera in mostra.